Gimme Shelter e' una delle mie dieci canzoni preferite di sempre. Non so quante volte ho pronunciato questa frase. Se pero' mi si chiede quali siano le altre nove, o per lo meno alcune di esse, faccio sempre scena muta, cosa che mi turba parecchio. Da un lato perche' le scene mute mi infastidiscono, dall'altro perche' mi viene il dubbio che il silenzio abbia un qualche significato. Che forse Gimme Shelter, in questa top ten, occupi una delle posizioni piu' alte. E come tutti gli invasati di musica sanno, ammettere che un pezzo e' il tuo preferito (o uno dei preferiti) e' scelta tanto difficile quanto una proposta di matrimonio: piu' si puo' rimandare la decisione, meglio e'. Di certo non prendo impegni cosi' importanti in questa sede.
Gimme Shelter e' la prima traccia di Let It Bleed, secondo disco del poker d'assi degli Stones a cavallo tra fine sessanta (Beggars Banguet e Let It Bleed, appunto) e primi settanta (Sticky Fingers ed Exile On Main Street) e da molti ritenuto il loro miglior album. Come ha detto bene Greil Marcus, Gimme Shelter e' una canzone sulla paura e segna meglio di ogni altra la fine degli anni sessanta, in particolar modo la fine della spensieratezza, dei sogni e delle utopie che ne caratterizzarono la seconda meta'. Jagger canta un mondo completamente diverso da quello contemplato dai suoi colleghi qualche anno prima a Monterey e Woodstock: guerra, terrore, omicidio, tempesta, inondazioni ... la fine, insomma. La canzone coglie (e anticipa) i tempi che cambiano: la guerra in Vietnam, l'imminente scomparsa di Brian Jones e l'imminente concerto maledetto di Altamont: quattro morti, di cui un omicidio ad opera degli Hell's Angels, che sulla carta dovevano garantirne la sicurezza -- il tutto documentato nel film sul tour americano del 1969, che appunto si chiama "Gimme Shelter" (qui una preview) e pare avesse George Lucas nella crew. Scorsese ha utilizzato il pezzo addirittura in tre films, tutti violenti e che parlano di parabole discendenti: Goodfellas, Casino, The Departed. Quasi fosse un segno del destino, Richards, che scrisse Gimme Shelter mentre Anita Pallenberg lo tradiva con Jagger sul set di "Performance", distrusse la chitarra proprio mentre ne registrava le ultime note.
La canzone ha un incastro di parole e musica perfetto e un arrangiamento da manuale. Rendere un unico parole e musica e' da sempre una delle migliori doti degli Stones. Tra le tante, penso a come le chitarre e la sessione ritmica accompagnino alla perfezione la marcia da guerriglia urbana di Street Fighting Man, nonche' all'andamento appiccicoso e suadente di Sympathy For The Devil. Gimme Shelter suona come l'apocalisse, avrebbe detto anni piu' tardi Jagger. In effetti ti spaventa e ti fa muovere, scappare. L'arrangiamento e' in perfetta tradizione stonesiana. Melodicamente, la canzone e' abbastanza semplice (il giro di accordi del riff e del ritornello e' utilizzato da un'infinita' di altri pezzi), ma per magia gli Stones la rendono un monumento con un arrangiamento essenziale ma (o meglio, proprio perche') curatissimo.
L'attacco segue una struttura in crescendo tipica degli Stones: riff di chitarra dal suono particolare, grazie a un utilizzo del riverbero che da ne da' un effetto quasi percussivo, che ricorda vagamente il pull di un basso. Dopo il primo giro, la chitarra solista si inserisce con un fraseggio che dialoga alla perfezione con la ritmica. Allo stesso tempo, una percussione latinoamericana (un guiro) e un coro (sembra una voce femminile ma potrebbe essere anche il falsetto di Richards) di sottofondo accompagnano il riff fino al poderoso innesto di Charlie Watts e Bill Wyman, un duo che in modo subalterno e da antistar ha influenzato le sezioni ritmiche di migliaia di rock and roll bands. Qui il basso di Wyman ti rimbomba nel petto e Watts pesta come un dannato, quasi fosse Keith Moon. L'attacco di Jagger e' a sorpresa: avviene un giro prima di quanto ti aspetteresti (il rock and roll e' una forma d'arte piu' ordinata di quanto si possa pensare e ragiona quasi sempre in termini pari e non dispari). E questo fa capire che proprio non c'e' tempo da perdere ("a storm is threatening my very life today"). Infatti, dopo una strofa molto breve (quattro battute serrate) si viene catapultati nel ritornello, in cui Jagger viene affiancato dalla cantante gospel Merry Clayton per tuonare: "war, children, it's just a shot away, it's just a shot away".
Il coro della Clayton (pare svegliata nel cuore della notte e presentatasi in studio in bigodini) e' memorabile e rende la canzone ancora piu' drammatica. Come ha scritto Marcus, la Clayton e' donna agli antipodi con gli stereotipi cantati dagli Stones negli anni precedenti (dalle socialites londinesi a qualsiasi altra flirty/dirty girl del periodo): qui abbiamo una donna tostissima che, a costo di farsi scoppiare i polmoni ci grida in faccia l'orrore che ci circonda. (A 3:01, dopo che la sua voce nell'urlare "murder" raggiunge non senza fatica una nota veramente altissima, si puo' sentire in sottofondo una voce maschile - Jagger? - che urla in risposta; piccolo gioiello live. La leggenda narra che a seguito della fatica acculmulata mentre registrava il pezzo, la Clayton perse purtroppo il bambino che aveva in grembo.) Chiaramente, da solo Jagger non sarebbe bastato per descrivere la paura e il nuovo mondo che di li' a poco ci saremmo trovati dinnanzi.
Il finale moderatamente ottimista suggerito da Jagger ("I tell you love, sister, it's just a kiss away") appare un tentativo di autoconvincimento lodevole, ma velleitario, visto che la voce di Jagger suona assai meno perentoria che a inizio pezzo. Ma amore ed autoconvincimento sono spesse volte tutto quello cui aggrapparsi per salvarci e Jagger fa bene a ricordarcelo. Gimme Shelter e' una delle mie dieci canzoni preferite di sempre.
zio keith sarebbe orgoglioso di questo post
RispondiEliminalo stamperebbe
e se lo fumerebbe
d.a.r.n.z.